Editoriale

La Rivista inizia il suo cammino con un numero interamente dedicato alle forme di lavoro emergenti sul web e alle opportunità occupazionali offerte dall’ambiente online.
È superfluo notare che Internet e le tecnologie digitali consentono modalità innovative e inedite di svolgimento dell’attività lavorativa tradizionale. Ma non solo. La velocità delle comunicazioni, l’assenza di formalità nei rapporti in rete, l’ampia diffusione dei social media, l’accessibilità delle strumentazioni tecnologiche danno vita a processi di produzione di servizi e di beni, materiali o immateriali, condivisi da ampi gruppi di soggetti, per i quali non è scontata la condizione di “lavoratori”.
Nell’ambito delle analisi relative alle potenzialità tecnologiche, culturali ed economico-sociali del web, il lavoro costituisce una variabile in gran parte inesplorata, e probabilmente sottovalutata.
Una prima riflessione è stata avviata dall’European Labour Law Network che ha dedicato il VII° Seminario annuale al tema delle “New Forms of Employment and EU Law” (27-28 november 2014, The Hague, The Nederlands), concentrando l’attenzione sul fenomeno del Crowdworking e sulle attività d’intermediazione in concreto svolte dalle infrastrutture digitali.
All’interno della rete le attività lavorative affiorano in modo fluido, nelle forme ibride della collaborazione e della co-creazione, per il tramite di piattaforme digitali o come prestazione freelance, senza il ricorso ai consueti e comuni schemi giuridici. La digitalizzazione dei processi produttivi apre scenari insospettati per quanto riguarda le modalità di svolgimento (e di coinvolgimento) dell’attività umana, incidendo sui tratti definitori e caratterizzanti l’identità stessa del lavoro e la soggettività dei lavoratori.
Da un lato, i comportamenti e le pratiche dell’economia collaborativa modificano la prestazione di lavoro e la allontanano dalla dimensione binaria lavoratore/imprenditore per inserirla all’interno di relazioni complesse e plurisoggettive, prive d’una territorialità di riferimento, di strutture organizzative predefinite, di regole condivise.
D’altro lato, la condivisione tra gli utenti della rete attraverso i social media consente di partecipare con modalità differenti e innovative alla società della comunicazione e dell’informazione: i contenuti digitali realizzati talora in maniera professionale, ma spesso come risultato accidentale o secondario delle relazioni interpersonali online, hanno per lo più un valore commerciale ed economico, senza tuttavia trovare una facile corrispondenza nelle forme di riconoscimento e di tutela del lavoro o della creatività individuale.

Le opportunità di sviluppo professionale, i nuovi “mestieri” del web, le prospettive occupazionali generate dai servizi della rete sollecitano un avvicinamento alle dinamiche di Internet per interrogarsi sulla nuova tipicità socio-economica del lavoro. Tra le molteplici implicazioni connesse all’utilizzo della rete, una delle questioni principali concerne l’adattabilità dei modelli organizzativi e di regolamentazione del lavoro rispetto ai fenomeni, in rapida espansione, di esternalizzazione produttiva tramite i provider e le piattaforme digitali.

Il confronto multi-disciplinare al quale è dedicata la sezione “Saggi” tenta di fornire alcune risposte ai numerosi interrogativi suscitati dall’interferenza delle tecnologie digitali rispetto ai paradigmi sociali e alle categorie giuridiche del lavoro.
Partendo da prospettive scientifiche e angoli di osservazione complementari, i diversi contributi indagano sulla possibile ricettività del diritto (e del suo linguaggio) di fronte alle caratteristiche professionali dei lavoratori della rete, ai contenuti creativi delle attività sul web, alla diffusione di prassi ed esperienze collaborative degli users.

Gli interventi proposti nella sezione “Idee” approfondiscono altri temi collaterali, connessi all’incidenza delle tecnologie di recente generazione sulle forme di produzione e di lavoro, per suggerire ulteriori itinerari e percorsi meritevoli di approfondimento.
Si analizzano in particolar modo le chances di autodeterminazione dei nuovi “makers” e le promesse di auto-impiego nei Fab-Lab, dove ai molti vantaggi – in termini di snellimento ed accelerazione dei processi produttivi, di valorizzazione delle comunità open source e della creatività applicata alla produzione, alla facilità d’ingresso nel mercato – si accompagnano altrettante incognite intorno all’instabilità dei modelli imprenditoriali, al controllo economico-sociale da parte dei grandi fornitori, alla rapida obsolescenza professionale e allo spreco di risorse umane, oltre all’affiorare di una tipologia dei rischi lavorativi derivanti dal c.d. ignoto tecnologico.

C’è ancora lavoro, oltre il lavoro.

Labour & Law Issues
Rights | Identity | Rules | Equality
La rivista è rilasciata sotto una licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported